Alzheimer: A che punto siamo?

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Sommario

Alzheimer: una malattia subdola e terribile sia per i pazienti che per chi si occupa di assisterli. Ancora troppo poco discussa pubblicamente, è una vera propria emergenza, considerato l’invecchiamento della popolazione e il depauperamento dei servizi di medicina di prossimità di cui la cura di questo tipo di malattie avrebbe bisogno. È comunque doveroso aprire una parentesi positiva per le molte iniziative virtuose che spesso partono dal basso, come i Café Alzheimer.

Proprio come tempo fa esisteva lo stigma sulla malattia mentale, ancora oggi, spesso, non è facile parlare di Alzheimer per chi ha un malato in casa o per chi manifesta i primi segni della malattia. Noi, invece, — e insieme a noi tante realtà attive nel campo della salute cognitiva — abbiamo grande fiducia nella ricerca scientifica che guida l’innovazione terapeutica; a gran voce diciamo “Per l’Alzheimer c’è speranza”. Grazie alla ricerca di base, al giorno d’oggi la malattia si può diagnosticare con maggiore certezza rispetto al passato e, in alcuni casi, anche prevenire. Sono stati fatti molti progressi sia per quanto riguarda le cure farmacologiche che per quanto riguarda il percorso di accompagnamento nel decorso della malattia: i sintomi possono essere alleviati e il loro decorso rallentato.

In questo articolo facciamo un ripasso generale di cosa è l’Alzheimer e con quali sintomi si manifesta a livello di disturbi cognitivi. Approfondiremo anche alcuni progressi che sono stati fatti nel campo dell’identificazione precoce della malattia e del sostegno al malato.

Che cos’è l’Alzheimer?

La malattia di Alzheimer è una malattia neurodegenerativa che colpisce i neuroni nel nostro cervello. È accompagnata da vere e proprie lesioni cerebrali causate da due sostanze: il peptide beta-amiloide e la proteina tau. Sia beta-amiloide che tau sono sostanze “normali” in un non-malato, prodotte dal regolare metabolismo cellulare. Nei pazienti affetti da Alzheimer, però, per processi che non sono ancora del tutto chiari, queste si accumulano e diventano tossiche per i neuroni. Per la precisione, il beta-amiloide si accumula sotto forma di “placche”, mentre la proteina tau sotto forma di “grovigli”. Come conseguenza a questa tossicità, i neuroni smettono di funzionare bene e alla fine muoiono (da qui la lesione cerebrale).

Una rappresentazione elaborata graficamente di beta-amiloide e tau che si accumulano nel cervello sotto forma di “placche” (plaques) e “grovigli” (tangles) che causano tossicità e morte neuronale. Fonte: Wikimedia Commons.

Si può diagnosticare l’Alzheimer?

Non è facile diagnosticare l’Alzheimer solo dall’analisi clinica relativa ai sintomi comportamentali riportati da un paziente o dai suoi familiari. Pensiamo ai classici “vuoti di memoria”: questi possono essere imputabili alla malattia di Alzheimer, ma non solo. Per esempio, possono essere causati da malattie psichiatriche, come la depressione, o da situazioni non patologiche, come la carenza di alcuni tipi di vitamine.

Inoltre, l’Alzheimer è una malattia subdola che “parte presto” a livello fisiologico ma “si vede tardi” a livello di sintomo, quando i danni sono già in corso. D’altra parte, questo offre possibilità di diagnosi.

Fino a pochi anni fa, la diagnosi di Alzheimer non era mai certa quando il paziente era in vita. Infatti, le tecniche per identificare i segni inequivocabili dell’Alzheimer (beta-amiloide e tau) nel cervello si potevano eseguire solo post-mortem. Ora, invece, grazie alla ricerca, esistono diversi biomarcatori — a livello fisiologico, ma non solo — che cominciano a dare la possibilità di identificare la malattia quando è ancora agli inizi.

Quali sono le funzioni cognitive più colpite dall’Alzheimer?

I primi sintomi osservabili della malattia di Alzheimer si manifestano sotto forma di disturbo cognitivo ripetuto nel tempo. Questo può comprendere vuoti di memoria, perdita di orientamento e/o problemi a svolgere funzioni quotidiane in cui prima si era esperti. Possono essere presenti anche disturbi cognitivi più complessi, come la difficoltà a prendere decisioni, e sintomi legati all’umore, come l’apatia.

Che differenza c’è tra Alzheimer e demenza?

Su questo si fa ancora un po’ di confusione. Alzheimer e demenza non sono sinonimi.

  • L’Alzheimer è una malattia ben precisa, identificabile a livello fisiologico anche grazie ai biomarcatori che abbiamo menzionato sopra (alcuni di essi, per esempio, misurano i livelli di beta-amiloide e tau).
  • La demenza, invece, è un insieme di sintomi che può essere causata dalla malattia di Alzheimer, ma anche da altre patologie. Questi sintomi consistono nel declino di molteplici funzioni cognitive di una gravità tale da rendere il paziente non più autonomo nelle attività quotidiane. Ecco alcune delle funzioni cognitive coinvolte:
    • la memoria;
    • le funzioni esecutive (riassumibili con la capacità di pianificare le azioni, grazie al pensiero astratto);
    • il linguaggio;
    • la capacità di riconoscere oggetti e persone;
    • e quella di compiere gesti coordinati e diretti a un determinato fine (abilità prassiche).

L’Alzheimer colpisce solo la memoria?

Moltissimi associano l’Alzheimer alla perdita di memoria, ma l’Alzheimer non è “solo” un disturbo di memoria. Esistono anche dei tipi di Alzheimer, più rari, in cui la memoria può essere anche del tutto preservata. Parliamo, ad esempio, della variante logopenica, in cui la facoltà più colpita è il linguaggio, oppure la variante frontale, in cui i sintomi più forti sono modificazioni della personalità, come la perdita di inibizione e maggiore aggressività e impulsività.

Come può la medicina digitale essere di aiuto nella malattia di Alzheimer?

In almeno tre modi: nella prevenzione, nella diagnosi attraverso i biomarcatori digitali, e nell’intervento terapeutico. Parliamo innanzitutto della diagnosi.

Negli ultimi anni, la ricerca scientifica ha cominciato a interessarsi all’analisi dei nostri comportamenti mentre interagiamo con il digitale. Gli strumenti digitali come un gioco al computer o sullo smartphone, infatti, sono in grado di catturare “microcomportamenti” (per esempio, quanto siamo veloci a prendere una decisione o efficaci a navigare nello spazio tramite una navicella virtuale).

Grazie al confronto con grandi quantità di dati sulla performance di tanti giocatori che giocano allo stesso gioco, l’analisi del comportamento “digitale” è in grado di dirci quando un comportamento si allontana dalla norma, prima che sia visibile a “occhio nudo”. Nell’esempio sul prendere decisioni: un fine algoritmo di analisi del comportamento può dirci se il modo in cui il nonno gioca al computer è leggermente sotto la performance media, anche se i suoi nipoti non hanno notato alcuna differenza nella sua solita prontezza! Una diminuita capacità di orientamento spaziale potrebbe, per esempio, essere segno di danni all’ippocampo, una zona del cervello tra le prime a essere attaccata dalla malattia di Alzheimer.

Si comincia quindi a parlare di biomarcatori cognitivi e digitali, che lavorano accanto a quelli biologici per diagnosticare prima e diagnosticare meglio.

Medicina digitale e intervento terapeutico in Alzheimer

Mentre da un lato procede la ricerca sulle terapie farmacologiche, sappiamo che, per ora, per l’Alzheimer non c’è una cura. Possiamo però prenderci cura del malato e far sì che il declino cognitivo rallenti. MindLenses Professional, la nostra terapia digitale a base di neuromodulazione con adattamento prismatico e serious games, è tra gli interventi che la ricerca ha mostrato apportare un beneficio ad alcune delle facoltà cognitive colpite dalla malattia o dai suoi prodromi. Vediamo insieme quali.

MindLenses Professional e Alzheimer: Quali sono le evidenze cliniche a supporto?

La ricerca su MindLenses e Alzheimer con la Fondazione OIC
Una paziente esegue il protocollo di neuromodulazione con adattamento prismatico durante lo studio effettuato presso la Fondazione Immacolata Concezione.

Sebbene MindLenses non sia un dispositivo medico specifico per il trattamento dell’Alzheimer (lo è, invece, per i disturbi cognitivi in seguito a Ictus, Trauma Cranico e ADHD), diversi studi si sono occupati di studiare gli effetti dei suoi due principi attivi nel trattamento del deficit cognitivo in persone affette da Alzheimer oppure da quello che è considerato un suo prodromo, cioè il disturbo cognitivo lieve (Mild Cognitive Impairment.) Sappiamo che questi studi preliminari sono importanti per poter rendere disponibile lo strumento, in caso di dimostrata sicurezza ed efficacia, alla pratica clinica dei professionisti.

Ecco un elenco dei lavori principali:

  • Il poster presentato al congresso della Società Italiana di Psicofisiologia Neuroscienze Cognitive “Beyond the lockdown of the brain”. Questo studio ha evidenziato come l’intervento con MindLenses in un gruppo di pazienti affetti da Alzheimer lieve ha migliorato due componenti del test Mental Deterioration Battery (fluenza fonologica e l’immediate prose memory). Citazione completa: Di Garbo, A., Calistro, F., & Oliveri, M. (2021, September 30–October 21). Modulation of cognitive functions using a combination of visuomotor adaptation and digital therapy in Alzheimer’s disease. [Conference poster]. XXIX SIPF National Congress “Beyond the lockdown of the brain”, Palermo, Italy. Puoi scaricarlo qui.
  • Una ricerca condotta dai nostri partner della Fondazione Opera Immacolata Concezione presentata al convegno “Alzheimer – Prendersi cura della persona”  ha mostrato un miglioramento delle capacità di attenzione, memoria e linguaggio su 47 pazienti dopo l’intervento con MindLenses Professional. Puoi scaricarlo qui.
  • Un altro studio presentato al recente congresso della SINdem4Juniors (l’associazione dei giovani professionisti aderenti alla Società Italiana di Neurologia per le demenze) ha mostrato che un gruppo di pazienti affetti da Alzheimer lieve è migliorato nella fluenza fonologica. Citazione completa: Di Garbo, A., Chiaramonte, G. (2022, April 27–29). Modulation of verbal fluency tasks using a device combining prismatic adaptation and serious games. [Conference poster]. 9th Winter Seminar on Dementia and Neurodegenerative Disorders, Brixen, Italy. Puoi scaricarlo qui.

Insomma, la ricerca non si ferma e la medicina digitale offre una speranza anche per l’Alzheimer.

Se sei un professionista della neuroriabilitazione e vuoi vedere MindLenses Professional da vicino, puoi contattarci a questo link.

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