Adattamento Prismatico oltre il Neglect
In questo articolo parliamo di adattamento prismatico, un metodo di neuromodulazione non invasiva usato nella riabilitazione cognitiva.
Fino a pochi anni fa, l’adattamento prismatico era conosciuto soprattutto per il trattamento del neglect, o negligenza spaziale unilaterale, un disturbo della cognizione spaziale nel quale, a seguito di una lesione cerebrale (per esempio dopo un ictus), si verifica una difficoltà ad esplorare e interagire con lo spazio.
Negli ultimi anni, la ricerca ha evidenziato che, oltre al neglect, l’adattamento prismatico può essere utilizzato per il trattamento di altri disturbi della cognizione oltre a quelli di percezione dello spazio tipici del neglect. Stiamo parlando, per esempio, dei deficit di attenzione, memoria e linguaggio: vediamo come e perché funziona!
Cosa significa neuromodulazione non invasiva?
Dal punto di vista delle neuroscienze, praticamente tutto quello che facciamo “modula” in qualche modo l’attività dei nostri neuroni, perché il nostro cervello è plastico: se non lo fosse, perderemmo, per esempio, la capacità di imparare!
Quando su tale plasticità si interviene con una modulazione mirata e intenzionale, eseguita con una strumentazione apposita da un professionista come un medico, allora si parla di vere e proprie “tecniche” di neuromodulazione (nell’immagine seguente una panoramica delle principali tecniche).
Queste tecniche mirano ad aumentare (o diminuire) con una strumentazione specializzata la cosiddetta probabilità di scarica dei neuroni, cioè la probabilità che essi si “attivino” o meno di fronte a un determinato input.
Alcune tecniche di neuromodulazione si utilizzano da tempo nel campo della medicina nel trattamento di alcune patologie: un esempio è il trattamento della depressione maggiore resistente al trattamento farmacologico con la TMS (Transcranial Magnetic Stimulation).
All’interno della variegata famiglia delle tecniche di neuromodulazione, l’adattamento prismatico è considerato non invasivo perché non prevede l’utilizzo di fattori esterni come elettrodi o magneti che interagiscono in maniera “attiva” con il corpo del paziente (cosa che avviene, per esempio, nella TMS citata sopra).
Cosa sono gli occhiali prismatici e come funziona l’adattamento prismatico?
L’adattamento prismatico modula l’attività del cervello sfruttando due elementi: il movimento (del braccio, nello specifico) e la vista. Perciò, l’adattamento prismatico è un tipo di adattamento visuo-motorio.
Nella pratica, il paziente esegue un esercizio che in gergo si chiama pointing (in italiano “puntamento”) indossando degli speciali occhiali a lenti prismatiche. Le lenti prismatiche, montate su un paio di normalissimi occhiali, sono delle lenti progettate in maniera particolare in modo da deviare il campo visivo a destra o a sinistra. Dal momento che il nostro cervello è composto da due emisferi a cui sottendono funzioni cognitive differenti, la rotazione destra o sinistra delle lenti è un elemento importante nell’impostazione della terapia.
Indossando le lenti prismatiche, il paziente deve prima osservare e poi toccare con il dito dei puntini (cosiddetti “target”) che appaiono in sequenza in vari punti sullo schermo. Questo esercizio dura pochi minuti, al termine del quale la procedura di adattamento prismatico è conclusa.
L’effetto di neuromodulazione dell’adattamento prismatico è dovuto alla deviazione del campo visito indotto dalla rotazione delle lenti, che costringe il paziente, per poter eseguire il compito di pointing, a correggere quello che a tutti gli effetti è un errore di percezione.
È proprio questa correzione forzata che agisce, modulandoli, su alcuni network cerebrali a partire da quello dell’attenzione visiva e da quello senso-motorio.
L’adattamento prismatico e i serious games
In seguito alla procedura di adattamento prismatico, il cervello entra in una finestra temporale di aumentata plasticità.
Il cervello, come abbiamo detto all’inizio, è sempre plastico. Grazie all’adattamento prismatico e ai suoi effetti neuromodulatori, semplicemente, lo è di più – almeno per un po’ di tempo: i più ritengono, nel caso di un adattamento di 10 minuti va dalla mezz’ora ai 45 minuti. In questo breve ma prezioso lasso temporale, il cervello è più recettivo e più responsivo agli stimoli.
È proprio qui che entrano in gioco i serious games e la loro azione su funzioni cognitive specifiche come la memoria, l’attenzione e il linguaggio. Vi rimandiamo a questo articolo per un approfondimento.