Intervista Paziente: Il percorso di Vincenzo C.

Sommario

Vincenzo è un 39enne toscano che è stato trattato con MindLenses Professional nella primavera del 2024. Insieme al suo babbo Domenico, ci ha parlato dei suoi miglioramenti in seguito alla terapia.

Scheda paziente

  • Nome: Vincenzo C.
  • Età: 39
  • Diagnosi: deficit motori e cognitivi in seguito a ipossia cerebrale causata da un episodio di insufficienza cardiaca (nel 2019)
  • Miglioramenti più significativi dopo la terapia con MindLenses: miglioramento significativo della memoria a breve termine; il papà riferisce livelli più elevati di vigilanza e capacità di interazione sociale.

Vincenzo C., 39 anni, vive a Cascina, in provincia di Pisa. Dopo una prima parte di esistenza attiva e in salute – fatta di sport, amici, relazioni, viaggi ed esperienze lavorative all’estero (Londra e Australia), una sera di settembre del 2019 Vincenzo si accascia sul tavolo di casa, dove sta preparando la cena per la figlioletta di un anno. Si risveglierà all’Ospedale della Versilia dopo 15 giorni di coma farmacologico e una vita tutta da ricostruire, dall’utilizzo delle gambe – per fortuna, come vedremo, tornerà presto a camminare – a tutte le piccole e grandi autonomie della vita quotidiana.

Vincenzo si è risvegliato all’Ospedale della Versilia dopo 15 giorni di coma farmacologico con una vita tutta da ricostruire

La diagnosi è la sindrome di Brugada, una condizione genetica che predispone al rischio di aritmie ventricolari maligne e che, quella sera fatidica di quattro anni fa, ha privato di ossigeno il cervello di VIncenzo per qualche terribile minuto, prima dell’intervento dei medici del 118 che sono riusciti a rianimarlo con diverse scariche di defibrillatore e iniezioni di adrenalina.

“Sono il paziente zero” si presenta Vincenzo con un grande sorriso mentre, insieme al papà Domenico, mi accoglie nel bel salotto di casa una mattina di primavera, gli occhi verdi che scintillano di una certa ironia. Approfittando di un tour che ci ha portato a visitare alcuni ospedali del Levante ligure e della Versilia, sono venuta a casa della famiglia C. a Cascina per farmi raccontare del percorso di riabilitazione di Vincenzo e in particolare della sua esperienza con MindLenses – la terapia digitale per la riabilitazione cognitiva a cui Vincenzo si è sottoposto su indicazione della dottoressa Lucia Ferroni, medico fisiatra dell’Azienda USL Toscana Nord-Ovest.

Ho notato che durante la terapia con MindLenses Vincenzo era molto più presente, molto più consapevole

“Ho notato che durante la terapia [con MindLenses Vincenzo] era molto più presente, molto più consapevole” mi dice subito babbo Domenico, napoletano di nascita e persona energica e capace. Domenico ha un un passato nell’Aeronautica e, abituato ad andare dritto al sodo, ha capito subito dove voglio andare a parare. Ma facciamo un passo indietro. Mentre traffico con le impostazioni della telecamera e i miei appunti, chiedo a Vincenzo e Domenico di partire dall’inizio. Come è cominciato il percorso di riabilitazione di Vincenzo dopo l’incidente?

La storia di Vincenzo

Preso in cura dal sistema sanitario locale, il percorso di riabilitazione di Vincenzo incontra subito alcune difficoltà aggiuntive. Nel frattempo è infatti arrivato il Covid, e l’Ospedale della Versilia, dove inizialmente Vincenzo si reca per la riabilitazione motoria e cognitiva, viene convertito per affrontare l’emergenza delle terapie intensive. Bisogna ingegnarsi per trovare soluzioni alternative, e qui la forza – anche economica – dei genitori si rivela determinante per iniziare, tra le altre cose, la fisioterapia a domicilio (“La famiglia fa tutto” mi dice Domenico:  “Se aveva 3 volte di fisioterapia la settimana, io gliene facevo fare due in più.”)

Se aveva 3 volte di fisioterapia la settimana, io gliene facevo fare due in più.

Passato il periodo di lock-down, Vincenzo riprende la riabilitazione a Pisa. Nel corso di una visita fisiatrica, Vincenzo e Domenico vengono a conoscenza del lavoro della dottoressa Ferroni, con la quale si mettono in contatto e che, dopo avere valutato la situazione di partenza di Vincenzo, suggerisce un percorso di terapia con MindLenses.

Chiedo a Vincenzo quanto fosse consapevole della terapia che gli è stata proposta: le ricerche del professor Olivieri sull’adattamento prismatico, prima di MindLenses utilizzato nella sola riabilitazione del neglect (un disturbo dell’attenzione spaziale), l’arrivo delle prime validazioni cliniche, le pubblicazioni scientifiche.

Vincenzo, come tutti i pazienti, voleva semplicemente qualcosa che lo aiutasse e si fidava della sua dottoressa: “Tornavo a casa e raccontavo, babbo, ho cominciato questa terapia..” Domenico, sempre “sul pezzo” riguardo la salute del figlio, mi chiede: “ Serve per stimolare il cervello, non è così?”

Adattamento Prismatico: neuromodulazione cerebrale non invasiva con MindLenses Professional
L’adattamento prismatico in azione: il paziente indossa un paio di speciali occhiali a lenti prismatiche mentre compie con movimento di puntamento con il braccio seguendo un target in movimento sullo schermo di un tablet. Il tutto, secondo le parole di Vincenzo, dura circa 10 minuti.

Proprio così. L’adattamento prismatico del protocollo di MindLenses agisce in maniera emisfero-specifica e “mette in moto” il lato (destro o sinistro) del cervello su cui è più opportuno lavorare in base alla diagnosi e/o alla sede della lesione (nel caso di Vincenzo, estesa soprattutto all’emisfero sinistro). Dopo la parte di adattamento prismatico, il protocollo prevede lo svolgimento dei cosiddetti “Serious Games”, “giochi seri” sviluppati per lavorare in maniera sistemica e stimolare processi sottesi da circuiti neuronali fronto-parietali (tecnicamente si parla di “approccio di remediation e compensation“) che permettono poi a ottenere miglioramenti sulle singole funzioni cognitive (memoria a breve termine, a lungo termine, prassie, linguaggio, funzioni esecutive..). Per questo la riabilitazione con MindLenses è innovativa e supera l’approccio riduzionista del riabilitare “una singola funzione alla volta”, più lungo, dispendioso e meno in linea con la moderna ricerca in neuroscienze che parla sempre più di network cerebrali, cioè aree collegate tra loro il cui corretto scambio di informazioni rende possibile il lavoro delle funzioni cognitive.

L’esperienza con MindLenses

Ha così inizio il percorso di terapia con MindLenses di Vincenzo. Le sessioni, che come da protocollo sono composte da una prima fase di adattamento prismatico seguiti dalla parte di serious games sul tablet per una durata complessiva di circa un’ora, sono condotte dalla dottoressa Iris Mariotti, logopedista del gruppo della dottoressa Ferroni.

Vincenzo intento a ricreare a casa sua una sessione di MindLenses, in particolare la parte di serious games su tablet. Ricordiamo che al momento il paziente non svolge la terapia da solo, ma sempre sotto la supervisione di un professionista.

Com’è stato l’impatto con la terapia, specialmente con gli occhiali a lenti prismatiche?

“La parte di adattamento prismatico, in cui con le lenti indosso facevo il movimento di puntamento, durava una decina di minuti. L’utilizzo degli occhiali è stato semplice e non ho mai avuto fastidi dovuti alla deviazione delle lenti” ci racconta Vincenzo, ripercorrendo le varie fasi della seduta.

E i serious games? In che modo hanno aiutato Vincenzo a lavorare sulle aree nelle quali ha più difficoltà?

Vincenzo: “Ora è soprattutto la memoria a breve termine sulla quale faccio più fatica – ricordo fatti della mia vita precedente, ma se mi chiedi cosa ho mangiato a pranzo …” “Magari se lo ricorda dopo una settimana” – completa il babbo con un sorriso.

La memoria a breve termine è uno degli aspetti su cui è possibile lavorare con MindLenses, con diversi esercizi dedicati al suo rinforzo con lettere, numeri, colori e forme. La dottoressa Ferroni mi aveva avvertita che era proprio la memoria, che, a distanza di ben 4 anni dall’incidente, era notevolmente migliorata in Vincenzo dopo la terapia. Gioco un po’ con la memoria di Vincenzo chiedendogli se si ricorda alcuni degli esercizi che ha fatto con MIndLenses: eccome se li ricorda! Parliamo per esempio di “Associazioni Semantiche” un gioco di ragionamento nel quale ad ogni professione (per esempio un pilota) bisogna associare il corretto strumento di lavoro (per esempio un aereo).

Vincenzo ci dice di essere riuscito a mantenere la motivazione, anche grazie all’algoritmo a difficoltà dinamica che mantiene il livello di difficoltà appropriato – i serious games contenuti in MIndLenses non sono né troppo difficili tali da causare frustrazione, né troppo facili da abbassare l’interesse di chi li utilizza, ma si adattano al livello di capacità del paziente che li utilizza, stimolandolo nella maniera corretta.

Un protocollo dai tempi finiti

Cerco di capire quante sessioni di MindLenses ha svolto Vincenzo. Se il protocollo clinico certificato – quello sulla base del quale sono stati svolti gli studi scientifici e dopo il quale sono stati osservati i miglioramenti più consistenti –  raccomanda 10 sedute (più eventualmente due non strettamente terapeutiche bensì riservate alla valutazione neuropsicologica, una in entrata e una in uscita), è vero che MindLenses è una terapia nuova, la cui “frontiera” clinica è in continua evoluzione e può variare leggermente a seconda del quadro clinico del paziente e di ciò che il professionista – depositario, sempre, della decisione finale – ritiene più opportuno. Non mi stupisco, quindi, di quello che papà Domenico mi racconta, e cioé che sembra Vincenzo abbia effettuato alcune sedute extra – segnale che i professionisti della USL Toscana Ovest hanno interpretato lo strumento sulla base delle necessità della persona che si trovavano davanti: bravi!

Dopo aver discusso brevemente dei miglioramenti raggiunti da Vincenzo nel campo neurologico e cognitivo – Domenico ci racconta di un Vincenzo meglio orientato nello spazio e più in grado di prestare attenzione agli stimoli dell’ambiente circostante –, la conversazione si sposta sulle attività della vita quotidiana e sui rapporti sociali. Vincenzo aveva una vita autonoma, senza disabilità, che è stata completamente stravolta dall’arresto cardiaco: il recupero delle autonomie, così come delle relazioni, è il fine ultimo dei “mattoncini” posati grazie al lavoro cognitivo con MindLenses.

Chiedo a Vincenzo in che cosa ha ancora bisogno di aiuto; la risposta è soprattutto per i pasti, anche se il caffè se lo prepara da solo ed è anche in grado di tagliarsi una bella bistecca. E a proposito di attività quotidiane, il discorso vira sul gioco delle carte, nelle serate e pomeriggi in compagnia che per fortuna non mancano.

“Anche quando vengono i nostri amici l’hanno notato anche loro” dice Vincenzo, riferendosi ai suoi miglioramenti. E Domenico rincara la dose: “Una cosa è essere genitore, che sei a stretto contatto tutto il giorno. Quando però i miglioramenti li notano anche le altre persone…”

Quando vengono i nostri amici a casa, lo notano anche loro

Il futuro davanti a sé

Vincenzo è un ragazzo alto e forte, dallo sguardo limpido e gentile – uno sguardo che, chiaramente, è in grado di vedere il futuro davanti a sé. Mi racconta che ieri ha camminato 13 chilometri – distanza non esattamente “quotidiana” anche per una persona senza le rimanenti difficoltà motorie di Vincenzo, oggi costituite soprattutto da ipertonicità muscolare (difficoltà dei muscoli nel rilassarsi). Oggi Vincenzo vede regolarmente la figlia Chloe, 6 anni, abbondantemente coccolata anche dai nonni; è in attesa del rinnovo della sua patente B; ed è pronto per tornare al lavoro. E il secondo ciclo di MindLenses, per rinforzare dopo sei mesi i benefici ottenuti? Programmato per la fine dell’estate, dopo una vacanza in Sicilia.

 


 

Nella nostra serie di testimonianze dei pazienti MindLenses, intervistiamo pazienti che hanno avuto esperienza diretta con la terapia MindLenses. Questi pazienti ci sono stati segnalati dai loro terapeuti – professionisti che hanno prescritto e/o somministrato la terapia. Se utilizzi MindLenses e desideri condividere la storia di un tuo paziente, contattaci!

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